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Corte d'Appello di Bologna > Licenziamento Collettivo
Data: 26/11/2007
Giudice: Castiglione
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 643/05
Parti: Francesco R / Rossetto Group s.p.a.
CESSAZIONE DI APPALTO – LICENZIAMENTO INDIVIDUALE PLURIMO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO O LICENZIAMENTO COLLETTIVO: DEFINIZIONE - NECESSITÀ DI APPLICAZIONE DELLA PROCEDURA DI MOBILITÀ: SUSSISTENZA


Art. 4 legge n. 223/1991

Art. 5 legge n. 223/1991

Nella notte tra il 24 e il 25 luglio 2001 all’interno del bar situato presso l’aeroporto di Parma si era sviluppato un incendio che aveva causato la distruzione dell’esercizio commerciale. In data 2 agosto 2001, stante l’inagibilità dei locali, la società che gestiva il bar collocava due dipendenti in ferie, poi licenziandole alla fine dello stesso mese di agosto per cessazione di ogni attività da parte della medesima società per l’aeroporto in conseguenza del venir meno del contratto d’appalto concluso con la committente. La stessa comunicazione di recesso era stata inviata ad altri otto lavoratori, impiegati presso lo stesso esercizio commerciale. I licenziamenti venivano dichiarati invalidi dal Tribunale di Parma per avere la società omesso di rispettare le procedure previste dagli artt. 4 e 5 della legge 223 del 1991.

Chiamata a pronunciarsi su ricorso della società, la Corte d’Appello di Bologna censura il primo motivo dell’atto d’appello per motivi processuali, rilevando la mancata specificità dei motivi di appello.

Con il secondo motivo la società censura la sentenza di primo grado assumendo l’inapplicabilità della legge 223/91 “nel caso in cui la cessazione dell’attività sia conseguente ad eventi fisiologici, come la cessazione di un appalto per la gestione di un servizio di ristorazione” anche perché il caso di specie non rappresenterebbe “un’ipotesi di licenziamento collettivo, bensì di licenziamento individuale plurimo per giustificato motivo oggettivo”.

Con riferimento a tale ultima asserzione la Corte osserva che, in presenza di un riassetto organizzativo attuato dal datore di lavoro in vista di una più economica gestione dell’azienda, tra le fattispecie del licenziamento per giustificato motivo oggettivo e per riduzione di personale non esiste una differenza qualitativo o indotta dalla tipologia delle ragioni allegate na una diversità limitata al profilo dimensionale, quantitativo e temporale preso in considerazione dalla legge 23 luglio 1991, n. 223. Infatti, in assenza delle condizioni previsti da tale legge - dimensioni occupazionali dell’impresa (più di quindici dipendenti); numero dei licenziamenti (almeno cinque); arco temporale entro cui sono effettuati i licenziamenti (120 giorni) - l’esigenza di ridurre di una o più unità il numero dei dipendenti per ragioni inerenti all’attività produttiva normalmente concretizza di per sé un giustificato motivo oggettivo di licenziamento individuale (così Cass. n. 777/2003; cfr. anche Cass. n. 5662/1999; Cass. n. 2463/2000; Cass. n. 9045/2000; Cass. n. 535/2003; Cass. n. 5794/2004).

Al contrario, negando la Corte d’Appello che la riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di lavoro possano avere valore causale riguardo al recesso, ne deduce che “accertata la sussistenza degli elementi - numerici, dimensionali e temporali previsti - appare superflua l’indagine volta ad appurare le ragioni delle riduzione del lavoro (Cass. n. 2463/2000; Cass. n. 5828/2002 e altre)” risultando conseguentemente irrilevante se la cessazione dell’appalto abbia determinato o meno un’effettiva e stabile riduzione di attività.

In particolare, a proposito degli appalti di servizi di ristorazione, la Corte ne evidenzia la peculiarità rispetto a quelli delle imprese edili (nelle quali “il carattere fortemente alternante del mercato edilizio e delle connesse attività dei cantieri può effettivamente dar luogo, con maggiore frequenza e maggior grado di ineluttabilità, al licenziamento del personale impiegato in quell’opera e al protrarsi dello stato di disoccupazione” così Cass. n. 5828/2002): un’impresa che assume appalti di servizi di ristorazione può sempre, venuto meno un appalto, verificare, insieme alle OO.SS. e con il concorso eventuale di un soggetto pubblico, l’utilizzabilità presso altre strutture, da essa gestite, dei lavoratori recisisi eccedentari. Secondo la Corte d’Appello di Bologna “non averlo fatto, ricorrendo i ricordati requisiti numerici, temporali e dimensionali, significa violare le norme contenute nella legge 223/91 e rendere inefficaci i licenziamenti ciò nonostante effettuati (Cass. n. 2463/2000; Cass. n. 14824/2002)”

Va peraltro evidenziato che con l’art. 1 del D.L. 29.12.2007 n. 250 il Consiglio del Ministri a tutela del lavoratori impiegati in società che svolgono attività di servizi di pulizia ha statuito che l’acquisizione - a seguito di subentro di nuovo appaltatore - del personale già impiegato nel medesimo appalto non comporta l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 24 della legge 23.7.1991 n. 223 nei confronti dei lavoratori riassunti dall’azienda subentrante a parità di condizioni economiche e normative previste dai contratti collettivi nazionali di settore - o di accordi collettivi - stipulati le con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative. Da ciò deve dedursi che - in caso di conversione del decreto legge - il principio di operatività della legge 223/1990 accolto dalla Corte d’Appello dovrà e potrà valere solo nell’ipotesi di non riassunzione di tutto il personale addetto ad un appalto di pulizie da parte del nuovo datore subentrato nell’appalto alle condizioni sopra richiamate.